L'ARTISTA AL SERVIZIO DELLO SPORTIVO
In oltre trent’anni di carriera come performer — in scena, nella vita, nella relazione con l’altro — ho spesso usato l’esempio dell’atleta per spiegare ai cantanti, ai musicisti, ai miei figli, che non può esistere impresa senza allenamento.
Dentro le parole c’è la verità di ciò che siamo chiamati a fare.
“Allenamento”, dal latino ad-lenare, significa “rendere più mite, più dolce, più adatto”.
Ecco: allenarsi è ammorbidire la forma per far fluire la potenza.
È trasformare un gesto istintivo — pieno di passione ma talvolta scomposto — in un gesto naturale, preciso, attraversato dalla grazia.
Come artista, il mio primo allenamento è stato nel mondo invisibile: là dove la mente non controlla, ma si arrende.
Negli anni mi sono esercitata a fidarmi.
A lasciare crollare, uno per uno, tutti i personaggi che credevo di essere.
Credevo di coincidere con ciò che mi accadeva.
Poi ho scoperto che io non sono l’evento, sono lo sguardo che lo guarda.
Il mio corpo, le sue azioni: uno strumento.
Questo percorso “notturno” mi ha guidata nel mondo ctonio, profondo, invisibile — non quello diurno e manifesto, fatto di risultati e misurazioni.
È il mondo che vive sotto.
Che alimenta.
Lo sportivo vive nel mondo solare: il corpo, il numero, la mente che calcola.
Ma c’è un altro spazio a cui può accedere: quello che io chiamo la mente della dolcezza, della grazia, della bellezza.
Altri lo chiamano overmind o mente poetica.
È lo spazio dove la vibrazione prende corpo, dove la voce si fa strumento, dove la musica (che non si vede) incontra l’energia (che non si sa di avere).
Ed è qui che nasce il cuore del mio lavoro:
unire mondi che sembrano lontani, e invece si completano.
Non competizione, ma cooperazione.
Il mio sguardo arriva da un altrove che vuole affiancare, non sostituire.
Che desidera collaborare con allenatori, tecnici, terapisti, fisioterapisti, dirigenti.
Con tutta quella macchina meravigliosa che porta avanti lo sport, ad ogni livello.
Perché se il corpo si allena per superarsi, l’anima si allena per accogliersi.
E quando si uniscono, succede la vera rivoluzione.
Esperto.
Chi è davvero, oggi, un esperto?
Spesso viene visto come qualcuno che si pone al di sopra degli altri.
A lui si assegna un valore sociale che, per estensione, sembra attribuirgli anche un valore umano superiore.
Ma è davvero così?
L’esperto, nella sua essenza, è colui che ha esperito.
È chi ha vissuto, attraversato, compreso qualcosa in profondità.
E proprio per questo, può indicare una via a chi si trova in un territorio sconosciuto.
Un vero esperto ha sviluppato assertività e pazienza —
non presunzione, né superiorità.
Chi ha fatto esperienza autentica sa bene che l’apprendimento ha molti livelli di coscienza.
Per questo non si irrita, non crea distanza,
non umilia, non inganna,
non schernisce e non carica ulteriormente chi già fa fatica a muoversi.
L’esperto ha il dono della leggerezza,
non perché sappia poco, ma perché le radici del suo sapere sono profonde.
Ha la serietà di chi sa attendere i tempi dell’altro,
non l’arroganza di chi giudica dall’alto del proprio presunto sapere.
Avere il fuoco dentro non è abbastanza.
Serve allenarlo, tutti i giorni.
Solo chi si allena davvero fa la differenza.
Chi si prepara, brilla.
Le emozioni, gli errori, i blocchi non sei tu.
Tu sei quello che li guarda e li supera.
Vuoi vincere? Inizia da lì.
C’è una parte di te che non si vede ma vale oro.
È la tua energia, la tua ispirazione, il tuo fuoco interno.
Impara ad usarla, ti porta più lontano di quanto pensi.
Non solo testa, controllo, numeri.
C’è una mente che sente, che crea, che ti fa volare.
Quando impari ad usarla, tutto cambia.
Ogni cellula risponde al suono.
Allenare il corpo significa anche accordarlo.
Quando sei accordato, sei potente.
Questo è un gioco di squadra.
Io porto l’arte, tu porti il corpo.
Insieme, si fa il salto di qualità.
Non è competizione, è cooperazione.