Per chi volesse approfondire il mio punto di vista
La conoscenza, da sola, non conduce mai alla gioia. Mai.
Anzi, può diventare il nostro peggior nemico: ci frammenta in centomila compartimenti, in mille sottocategorie, in una miriade di dogmi.
La conoscenza mentale ci allontana dallo stato di coscienza tipico dei bambini, quello della meraviglia.
Più che sapere con la mente, abbiamo bisogno di conoscere attraverso l’esperienza.
La conoscenza mentale crea schemi; l’esperienza rompe i confini.
Un’esperienza autentica della vita abbatte le nostre categorie interiori, dissolve i giudizi e supera le regole.
Finché sentiamo il bisogno di dimostrare qualcosa, siamo ancora prigionieri: delle nostre ferite, della nostra storia familiare, del nostro dolore.
Il desiderio di dimostrare ci intrappola in una gabbia.
E finché restiamo lì dentro, tutta la nostra energia andrà verso il dover essere… invece che verso l’essere.
Idee sulla voce - oltre il corpo - oltre i limiti
La voce è il mio strumento.
Ci gioco, la esploro, ci lavoro da sempre.
Voce parlata, cantata, registrata, modificata, urlata, sussurrata, armonizzata, compressa, bagnata, repressa, accesa... infuocata.
Da bambina sperimentavo con un vecchio mangiacassette difettoso: non cancellava le registrazioni precedenti.
Questo mi permetteva di sovraincidere, come se avessi un multitraccia primitivo.
Ogni sovrapposizione però alzava il tono, e spesso finivo con voci da Chipmunk!
Ho inciso letteralmente milioni di volte.
Ho cantato ogni stile, ogni genere.
Dal vivo, in studio, su videocassette prima ancora che esistesse YouTube.
La voce è uno dei territori in cui mi sono mossa più a lungo e più a fondo.
Posso cantare qualsiasi cosa, registrare qualsiasi cosa.
Mi "innesto" sulla musica, mi fondo ai suoni, mi adatto alle frequenze con una rapidità impressionante.
E questo perché l’ho fatto milioni di volte.
Nel tempo ho aggiunto anche la precisione nell’editing.
Conosco bene i plugin di intonazione — Waves Tune, Melodyne — che uso per produrre, studiare e insegnare.
Con questi strumenti puoi vedere graficamente la voce, come se diventasse una forma geometrica: linee, curve, angoli da rifinire.
Questo aiuta a capire più in fretta, ad apprendere con più profondità.
Per questo mi definisco Produttrice vocale.
Sorrido quando sento nuovi "esperti" credere che basti studiare la fisiologia del tratto vocale per ottenere risultati, portando il canto in un campo para-medico e non artistico, creativo, leggero, libero, ma già in partenza potenzialmente patologico.
Anzi — da produttrice — ti dico che tutta quella teoria, tutte quelle informazioni scientifiche, se non passano dal corpo e dall’esperienza, possono rallentare, bloccare, impaurire, come se le lo strumento canto fosse una specie vaso di cristallo.
La conoscenza, senza la pratica (che è amore, azione, uso, dedizione), non diventa virtù, diventa pedanteria, insegnanti e cantanti incapaci, ma arroganti.
E questo è ancora più vero nel pop e nei suoi fratelli: rock, indie, rap, trap, jazz, punk, blues, swing…
È come voler imparare a nuotare leggendo un libro.
Cavalcare senza cavallo.
Volare studiando le piume.
E cantare è volare.
Volare davvero.
Cantare profondamente ti porta a "vedere", fuori, l’unico strumento che vive dentro.
Diventa qualcosa che va oltre il corpo.
Le paure — quelle classiche da cantante — iniziano a dissolversi.
E resta solo un flusso libero, senza interruzioni.
La rosa fa la rosa e non ci pensa.
L’usignolo fa l’usignolo e non ci pensa.
Il cantante canta. E non ci DEVE pensare.
Questa modalità è una porta aperta verso un mondo che pochi percorrerano, ma che tutti ricercano in un modo o nell'altro.
E' una modalità che possiamo vedere solo se abbiamo il coraggio di andare al di là dell'aspetto superficiale delle cose e della persone, del corpo stesso, scendendo nei piani sottili della vita.
Il vedere - parte prima
Chi mi conosce lo sa: uso spesso
il verbo "v e d e r e".
Per me, vedere è lo scopo della vita.
Non parlo della vista fisica, ma della capacità di reggere la verità.
Perché ciò che non sei pronto a reggere, non ti verrà mostrato.
E anche quando ti viene mostrato, spesso non lo vedi davvero.
Allora, che cos’è “vedere”?
È andare oltre la buccia, oltre la superficie.
È guardare con occhi diversi, con un altro sistema operativo.
Non si tratta solo di osservare ciò che c’è, ma di ascoltare cosa vuole dirti.
È una comunicazione viva, continua, con tutto ciò che ti circonda.
E, col tempo, scopri che non c’è nessuna separazione tra te e il resto del mondo.
Vedere è intelligenza sottile.
Altro che intelligenza artificiale.
È la capacità di partecipare alla vita in modo più profondo, più pieno.
E più vedi, più desideri vedere ancora, in un moto irreversibile, come dice la mia amica Cri.
È un processo che non si ferma, che ti espande passo dopo passo.
Tra tutte le arti, la voce e il canto sono forse gli strumenti più potenti per imparare a vedere.
Perché più vedi, più canti in armonia, non cerchi di vivisezionarti.
E più accetti che la tua voce e il tuo canto non sono lì per renderti famoso o “bravo”,
ma per aiutarti ad evolvere,
più la Musica inizia a parlarti davvero.
Diventare bravi ha senso solo se serve a superare i limiti del corpo,
a riscrivere le regole del tempo e dello spazio.
Perché il corpo non è contenuto nel tempo
e nello spazio:
il corpo *è* tempo e spazio.
E tempo e spazio si possono dilatare,
modellare, trasformare —
e impari a vedere e hai il coraggio di farlo.
Se sei arrivato fin qui a leggere, forse ti starai chiedendo se tutto questo sia follia.
Immaginazione? Suggestione?
Qualche bicchiere di troppo?
Ma chi è in cammino sa bene che è tutto vero.
È concreto, è percepibile, è vivibile.
Le vecchie teorie, le definizioni, le ideologie…
stanno crollando.
È tempo di vedere.
Di vedere i tesori nascosti dietro quella prima pellicola che ci limita a semplici comparse.
È tempo di aprire il cuore.
Tanto — prima o poi — toccherà a tutti.